Lo Scribacchino de noialtri

I racconti sono nostri compagni di viaggio. Leggerli è vivere altre vite in altri mondi, Scriverne è crearne di nuovi.

Alcuni racconti sono stati pubblicati in antologie o Ebook, altri verranno proposti qui sotto, lascia un commento se lo desideri.

Non ci sono che nuvole

Racconto narrativa breve

Ho ancora quella foto, non particolarmente bella in verità.
La guardo spesso e la porto sempre con me, ovunque io vada.
Rappresenta il quartiere dove abitavi da ragazzo con enormi palazzoni in cemento alti fino al cielo.
Nella foto non si vedono persone, chissà cosa stava pensando tuo cugino mentre la scattava, solo la cima del palazzo numero 6 e una grande fetta di cielo con poche e sparute nuvole.
Ci sono due alberi nella foto o, meglio, la cima in degli alberi del parco del quartiere, quante ore abbiamo passato su quelle panchine… 
Quando l'ho guardata la prima volta non ho visto altro ma, ogni giorno, da allora, ne scopro nuovi dettagli e se dapprima rimanevo sorpreso nel non averli notati, ora mi sono quasi convinto che sia invece "magica".
Che sciocchezza, dirai, eppure solo la settimana scorsa ho visto che le nuvole erano aumentate di numero ed il loro colore, da bianco e morbido, stava virando al cupo colore del temporale.
Anche gli alberi ora si muovono al vento e, nel cielo proprio davanti alle nuvole, sono comparsi alcuni puntini neri in formazione e non sono uccelli.
Ogni ora, minuto, continuamente, guardo la foto ma non posso credere a quello che vedo.
Eppure dalla finestra vedo il parco e gli alberi con le panchine proprio dalla palazzina della foto, io abito ancora qui.
Sento una sirena lontana gridare e ho paura ma la casa è un posto sicuro, vero?
Nella foto ora non ci sono che nuvole.

IL LOCULO VUOTO


Una pioggia leggera ma insistente ci aveva accompagnato per tutta la mattina e poi finalmente, nel corso del pomeriggio era scemata e ora un pallido basso sole autunnale illuminava a stento l'ingresso antico e maestoso del cimitero comunale.
L'ultima volta che entrai qui in visita a una parente, non immaginavo certamente che sarei rimasto come ospite.

Non è forse la vita ricca di sorprese?
E non lo è anche la morte, aggiungo io?

Ricordo che stavo percorrendo uno dei tanti vialetti simili che si snodano nel cimitero e, come credo facciano tutti, si guarda di qua e di là, si controllano date e nomi per vedere la stranezza o la particolarità di nomi superati o personaggi non molto fotogenici.

Camminavo tranquillo quando sentii uno strano rumore, come un trascinare di stracci, provenire dalla mia destra e istintivamente mi voltai da quella parte.

Il rumore proveniva da qualcosa sul lato opposto al muro che avevo di fronte così girai l'angolo e guardai oltre a esso, come prevedevo trovai altre lapidi sul muro, incolonnate tre alla volta per tutta la lunghezza, anzi no!

La quarta fila aveva un loculo vuoto, non era nuovo ma era stato svuotato e i segni dei lavori eseguiti erano ben visibili, sopra di esso un signore con baffi anni 30 in una foto scolorita sembrava guardami come a dire – Visto che baffi?
Sorrisi  e cominciai a esaminare il loculo vuoto, erano ben visibili i segni dello scalpellino, sul pavimento rigature recenti lasciavano immaginare l'atto di estrazione della bara poi, in fondo dove la luce arriva a stento, la vidi e, pensandoci ora, posso dire che la vidi fin troppo chiaramente quella strana scatola di legno.

 Una scatola di legno in un loculo appena liberato.

Si è mai visto qualcuno al cimitero strisciare all'interno di un loculo?

 Avete ragione se pensate che nessuno sano di mente lo farebbe ma io potrei tranquillamente essere l'eccezione che conferma la regola e lo feci, lentamente entrai e la luce fu subito molto poca ma ero intenzionato a raccogliere la scatola e avanzai e avanzai ancora fino a entrare completamente all'interno del loculo, fino a raggiungerne il fondo se necessario.

Avanzavo carponi strisciando sul pavimento, portavo una dopo l'altra le mani avanti nella speranza di toccare la scatola ma non appena i miei occhi si abituarono all'ombra vidi che la fine del loculo era più avanti e la parete a destra non arrivava al fondo ma un rettangolo nero lasciava intuire un'apertura.

Di nuovo un rumore di trascinamento, davanti a me sulla destra.
Il cuore inizio a battere nel petto e comincia ad avere paura, provai a girarmi nel tentativo di tornare indietro ma dall'oscurità alla mia destra sentii un rumore, un picchiettare di dita, ritmico, immobilizzato dal panico vidi una mano venire verso di me e poi un'altra e un'altra.
Gridai o provai a farlo e mentre venivo trascinato nel buio pensai stranamente alla scatola di legno che non avevo ancora trovato.

Ora sono parte anch'io di questo mondo buio e putrefatto, tutti i loculi sono collegati da corridoi nascosti e profondi, abbiamo sempre bisogno di gente nuova ma di solito nessuno entra mai in un loculo vuoto, o quasi mai aggiungo io.

E se posso ecco un piccolo suggerimento: la prossima volta che farete una visita al cimitero, cercate i loculi vuoti, cercatene uno con una piccola scatola sul fondo, non stiamo mai con le mani in mano qui sotto.



 La strada

Racconto NarrativaBreve - per Tutti

La strada scende dalla collina laggiù, oltre quella curva e prosegue lungo questo tratto di discesa, per scomparire poi dietro quell'altra curva tra gli alberi.

Il mio punto di osservazione, quassù alla base della vecchia quercia, mi permette di vederne il percorso per circa un chilometro, è un bel tratto, sapete.

Spesso da ragazzi si saliva qui per seguire il passaggio delle prime automobili con la loro immancabile lingua di polvere attaccata dietro, tentando di indovinarne la marca o il modello o ancora per vedere il pilota da vicino.

Eh - tempi andati allo sfascio -  mi sembra di vederlo Guglielmo pronunciare la sua tipica frase nella sua espressione malinconica con quel suo stupido cappello di sbieco, allora sì che ci si divertiva ragazzi, meno cose reali e moltissima fantasia.

Chissà se Franco riuscì mai a procurarsi la macchina dei sogni, il mio “ sogno rombante” lo chiamava e sono sicuro che, almeno fino ai trentanni, non lo realizzò perché fino ad allora lavorò con me alla ferramenta del signor Tondini Ercole o Ettore che fosse, ma poi le nostre strade si divisero e potrebbe anche avercela fatta.

Un sogno nato sotto la quercia un giorno di cinquant'anni fa ma lo stesso limpido, nel mio ricordo, come fosse successo un minuto fa. Un’ auto in lontananza a forte velocità sullo sterrato e Franco che ne indica la sagoma quando è ancora sulla collina e tutti noi guardiamo verso il rombo del motore che si avvicina.

Magnifica, si avvicina affrontando le curve con decisione e grazia, sfreccia sotto di noi e scompare oltre la curva lasciando solo la polvere a volteggiare.

Franco si è innamorato quel giorno del  "sogno rombante” , qualche giorno dopo, ma potrebbe essere stato benissimo un mese prima, beh ragazzi il tempo sbiadisce e si dilata, quando Paolo per la fretta di raggiungerci alla quercia incespicò cadendo di faccia su una torta di prato, così chiamava la cacca di mucca la mamma, ricordo le risate fino a piangere e Paolo lì in piedi…

Se chiudo gli occhi un attimo posso rivedervi tutti, Daniele con le sue scarpe nuove rovinate dal fango che cerca di rimediare strofinandole sull'erba, Gianni e le sue battute incredibili e precise da comico di varietà, sempre allegro e sempre sovrappeso.

Vengo spesso qui sotto la quercia a guardare la strada che scende dalla collina laggiù, ma non osservo più le automobili, oh no, tempi andati allo sfascio.

Incontro i miei vecchi amici. 



Pubblicati in antologie - racconti brevi

 
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